Drilla – Andrew Clements

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Sono un tipo saltuariamente spocchioso e di quando in quando riesco a darmi fastidio da solo, soprattutto quando decido di voler andare in fondo a questioni che è forse meglio gestire come fanno molti altri. Cioè dire la propria, dirla in maniera più simpatica possibile, e poi fottersene. Invece no: io sono spocchioso. E inoltre sono padre di figlia: ho una missione difficile, ho una creatura da educare. Quindi in prima battuta mi è sembrata simpatica la cosa del binomio bambino-maestra che si infatuano della parola petaloso, ma poi tutti hanno sparato a zero sul bambino, sulla maestra, sulla mamma del bambino, i compagni di classe, il preside, le trivelle, la crusca, i vegani.

A dire il vero qualche anno fa il figlio di mia cugina Maria Teresa tornò a casa da scuola dicendo che a mensa aveva mangiato il coscio di pollo con le mani perché tanto quello aveva il mantenello. Secondo me il mantenello al petaloso gli piscia in testa, così, senza stare nemmeno a discutere: ma non è questo il punto. Il punto è che l’Accademia della Crusca risponde in modo educato alla maestra (che chiedeva più o meno di inserire la parola nel vocabolario), facendole notare una cosa che lei dovrebbe già sapere, e cioè che una parola viene inserita in un dizionario quando diventa di uso comune, e citando un fantastico (secondo loro) libro per ragazzi che si chiama Drilla. Indovinate lo spocchioso come ha speso i propri soldi? Ecco.

Bisognerebbe di regola reperire informazioni PRIMA di fare un acquisto, ma questa cosa non me la ricordo mai in tempo. Quindi, libro in mano, noto che è stato scritto 20 anni fa. Non cominciamo bene.
Provo a non curarmi di questa cosa e comunico a mia figlia che la sera le leggerò dei pezzetti di un nuovo libro bellissimo che narra di un bimbo che inventa una nuova parola. Lei la prende bene.
In realtà il libro è frizzante perché Nick Allen, il protagonista, è un tipo acuto e spiritoso; è quello brillante che piace sia agli insegnanti che ai compagni, fa scherzi mai pesanti, è bravo ma non troppo. Geograficamente e demograficamente, stiamo parlando di un bambino di una quinta elementare di un paesino degli Stati Uniti.

E poi basta.

Il resto è monotono e leggermente complicato tant’è che quando leggo mi si seccano la gola e un po’ anche le palle. Mia figlia sta già al terzo sonno. Solo verso l’epilogo le cose tornano ad essere vivaci se non altro perché sai che sta finendo tutto, caccia ‘sta morale, dacci quest’insegnamento, mostraci la via, insegui i tuoi sogni, sii affamato e sii anche pazzerello, il sogno americano, gli hotdogs e yes we can.

In realtà questo libro non dovrei leggerlo io ma ma dei dodicenni o forse più o forse meno o forse visto che è stato scritto vent’anni fa non dovrebbe leggerlo più nessuno proprio. Come la Decamerona Commedia o i Sepolcri Sposi che potreste anche sintetizzarli agli studenti e poi chi vuole approndire approfondisca perché la gente con Dante e Boccaccio sant’iddio la traumatizzi (scusate l’assenza di virgole ma mi è preso così).

Fattostà che la pupa tutte le sere mi chiede se le leggo Nick, ma lei vuole solo la prima parte: quella in cui lui porta la sabbia in classe e tutti giocano alla vacanza; e poi quando fa il verso del merlo insieme a Janet in barba alla maestra di turno. Poi basta perché arriva l’altra maestra, la Granger, che è tosta e non si fanno sonni tranquilli.

Buonanotte e mangiate poca crusca che sazia senza nutrire e vi manda al bagno.

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