Anna – Niccolò Ammaniti

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L’ignoranza aprì le finestre di legno di casa Ammaniti con un piede di suino decisa ad albergarvi per lungo tempo. Poi, come è intuibile, commise una serie di prepotenze nel focolare del buon Niccolò e campò perlopiù di espedienti. Lo scrittore, dal canto suo, imparò a convivere con l’ospite ed anzi si fece aiutare nel concepimento di personaggi e di ambientazioni indimenticabili. Parlo, uber alles, di Graziano Biglia nelle terme naturali di Saturnia. Ma anche della festa di capodanno nel Comprensorio delle Isole, di Rino Zena (che non è uno spray nasale, eh…) tra le mura spoglie di casa sua, di Lorenzo Cuni e la sorella tossica nascosti in cantina.

E poi un giorno arriva Anna, con Astor.

Anna è una ragazzina cresciuta in fretta: ha seppellito la mamma e adesso si prende cura del fratellino in uno scenario alla Ken il guerriero, o alla Mad Max, o tipo il video California Love di Tupac e Dre, o quello che cazzo vi pare dove ci sono una cifra di saccheggi e quasi più niente da saccheggiare. Una realtà stroncata da un virus che ha colpito solo gli adulti e dove non c’è più elettricità, non ci sono più macchine, il buio è nero e lungo e pure le candele sono finite, i fiammiferi pure, gli accendini non ne parliamo, e la terra è stata azzerata da incendi e gli unici superstiti sono i bambini. I bambini fino ai 14 anni circa, perché poi anche loro game over. Più o meno la storia è tutta qui. E l’idea da cui nasce il libro (l’ho letto da qualche parte) è che una volta l’autore mentre stava per i cazzi suoi ha visto un gruppo di bambini che giocavano e si autoregolamentavano ed ha immaginato un mondo abitato e gestito solo da bambini.

Poco.

Anna non mi ha conquistato. Ho anzi preferito molto di più Anna di Arendelle, la principessa infreddolita nonchè sorella della regina del ghiaccio di Disney Frozen, tanto per dire.

Oh, fermi eh: il libro ci sta, scorre bene, ti tiene incollato, ma io mica faccio recensioni; e poi, come specificato altrove nel blog, non ho la cultura e gli strumenti per poter dire se un libro è bello o brutto, scritto bene o male. Quel che faccio io, chiusa l’ultima pagina, è passarmi lo stuzzicadenti tra gli incisivi e vedere quanta ciccia è rimasta incastrata.

Poca.

E dire che di personaggi ignoranti ce ne sono, ma non hanno quella magia che te li imprime addosso per anni e te li fa tirare fuori al pub tra gli amici sotto forma di lunghissime citazioni fuori luogo. Cioè il cane spacca, figuriamoci. Ah, vabè pure i gemelli del supermarket se la giocano. E a dire il vero ce ne sono altri notevoli, come lo scrittore che si accolla a casa di Pietro. Però fine.

E tornando all’intrusa di casa Ammaniti, non posso fare a meno di pensare che probabilmente l’ignoranza stava al cesso mentre l’autore scriveva, o forse ha abbandonato la sua casa perchè la stavano ristrutturando. O magari gli avrà detto “vai, vai… scrivi te… vedemo che ssei capace de fa’…”. O magari non gli avrà perdonato quella cosa dei mostri ex-olimpionici che vivono sotto Villa Ada (uno bravo direbbe che ha usato la tecnica del “Deus ex machina”). O forse pure l’ignoranza avrà pensato, come me: “ma è una regazzina Ni’, che glie vòi fa’ fa’ a ‘na regazzina”?

Niccolò, fai il bravo. Sganciaci una mina.

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