Il secondo tempo – Roy Keane, Roddy Doyle

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Le biografie dei calciatori o degli allenatori (diciamo degli sportivi in generale…) nove volte su dieci fannoschifoalcàzzo. Quindi con tutto il rispetto possibile per chi è stato campione, leader, capitano, fuoriclasse, bomber, diointèrra dentro e fuori dal campo, comprandole mi sembra sempre di fare l’ennesimo regalo ad un entourage di persone che già hanno avuto una vita più che sbilanciata a loro favore. Sì, per carità, sacrifici, dedizione, impegno, vita privata inesistente e blablablà, però diciamocelo: culo in faccia.

Però poi ci sono delle eccezioni, come il famoso caso di Open, la biografia di Andre Agassi scritta con/da J.R. Moehringer che oltre ad essere una biografia di uno sportivo famoso è anche un bel libro. E queste eccezioni si creano perché alcuni personaggi per fortuna si mettono nelle mani di qualcuno che sa scrivere come si deve, magari non un semplice cronista, biografo, o peggio ancora un ghostwriter a libro paga di qualche casa editrice.

Fa eccezione quindi anche il buon Roy, che si mette nelle mani del connazionale Roddy Doyle, autore navigato e garanzia di irlandesità, leggibilezza e genialosità: tutte referenze positive c’ha Roddy nostro, chiedere a J.K. Rowling o a Nick Hornby.

Il libro si chiama Il secondo tempo per due motivi, ho avuto modo di capire. Il primo è che racconta la seconda parte della carriera di Roy, partendo dal divorzio con Alex Ferguson e lo United, fino ad arrivare al doppio incarico di vice allenatore sia di Martin O’Neill alla guida della nazionale irlandese che di Paul Lambert all’Aston Villa. Il secondo è che vuole essere una specie di seconda biografia, come se volesse mettere in chiaro che alcune cose scritte in quella ufficiale sono opera di un ghostwriter invece che farina del suo pur sregolato e pienissimo sacchetto. E quindi ad esempio la vicenda Haaland (Alf-Inge, il padre di Erling, il promettente bomber al momento in forze al Borussia Dortmund) o la vicenda Saipan (con la nazionale irlandese) sono solo menzionate velocemente per lasciare spazio ai secondi 45 minuti (salvo recupero) della sua partita.

Ed il secondo tempo di Roy è racchiuso in queste foto qui sopra: il Celtic, il Sunderland, l’Ipswitch, la nazionale irlandese, il Villa.

La carriera di allenatore applicata alla sua personalità ed al suo orgoglio smisurato crea un buon contrasto tra il mestiere della rockstar (= il calciatore) e quello del buon padre di famiglia (= l’allenatore). Roy prova a smussare i suoi acutissimi angoli e a non mettere le mani o i piedi addosso a tutti come faceva da calciatore. E spesso ci riesce. Ma di questo ci importa il giusto, perché l’unica domanda che interessa il lettore ignorante è questa: Roddy è riuscito a nascondere un po’ la palla a Roy, o ogni volta Keano gli entrava in scivolata e gliela levava? Ovvero: il libro ha un senso, una storia, una chiave di lettura? Cioè: Roddy è riuscito a renderlo godibile e appassionante, o è un elenco di eventi e basta?.

Boh, secondo me Roddy poteva fare decisamente meglio, entrando di più nel gioco, chiamando palla più spesso, e invece si è un po’ nascosto. E questo lo dico anche alla luce del fatto che io chissà perché mi aspettavo che questo libro fosse una sorta di intervista, di scambio di battute tra irlandesi. Del tipo, – Lo sapevi, Roy, che il mondo è diviso in due grosse categorie? – No, Roddy, non lo sapevo. Quali sono? – Gli Irlandesi da una parte, e quelli che vorrebbero essere irlandesi dall’altra, hahaha… – Hahaha….*

Quindi il libretto non è male, ma da uno dei miei centrocampisti preferiti (a cui si aggiunge un divertente e valido autore) mi aspettavo di più. Questa sensazione negativa viene però un po’ mitigata dalla sincerità e dall’ignoranza che Roy non si vergogna di mettere per iscritto, certificando di essere veramente la brutta persona che abbiamo sempre visto arare i centrocampi (e i centrocampisti) di tutta Europa.

Buona fortuna a tutti (break a leg).

Ciao.

* Questa bellissima e divertentissima battuta me l’ha detta una volta il cuoco irlandese con cui lavoravo nel ristorante Est Es Est di Manchester. Invece il cameriere mi diceva quest’altra: Do you know how to confuse an irish man? Put him in front of three shovels and ask him to take his pick (Sai come confondere un irlandese? Mettilo di fronte a tre pale e chiedigli di fare la sua scelta. Ma in inglese pick = piccone, quindi l’indovinello suona come Sai come confondere un irlandese? Mettilo di fronte a tre pale e chiedigli di prendere il suo piccone). Anche qui grossissime risate…

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