Metroromantici – Poeti der Trullo

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Questo mattoncino nero che ho appena finito di leggere, prima ancora di essere un libro, è un movimento, una pulsione. Un fuoco che si accende quando gli pare e non si spegne fino a quando non hai impresso la tua idea su un muro, fino a quando non ti sei palesato nel quartiere: ci sono anch’io, ci siamo anche noi.
Questo mattoncino nero che non volevo finire di leggere, è stato scritto da sette diverse teste pensanti, sette autori che per dare forma alle loro cose hanno rispolverato componimenti e metriche disusate.
Poi grazie al web sono entrati nelle case di persone lontane. E ora con questo mattoncino nero che ho voglia di ricominciare a leggere, stanno provando a rimanerci.

Credo che questo libro debba stare su tutti i comodini di tutte le camere da letto di tutte le case di tutta la provincia di Roma. E poi di tutto il Lazio. E poi via via nelle case del resto d’Italia. E che chiunque prima di addormentarsi, prima di uscire di casa, mentre aspetta il caffè che viene sù, dovrebbe fermarsi un minuto e leggere una di queste poesie.

Credo che ogni insegnante di lettere antiche moderne o future debba mettersi questo piccolo volume nella borsa e portarlo nella sua scuola, leggerlo agli studenti, portarli in gita al Trullo, oltre che a Paestum. In fondo se Trilussa è attuale ancora adesso, perchè dei versi d’amore verso la città eterna non dovranno esserlo tra 300 anni?


Piccola Parentesi Ignorante – Inizio

A parte che Trilussa lo devi lascia’ perde’ perché è chiaro che Trilussa è un altro pianeta in quanto a Trastereve c’è il Pub Trilussa che se te ricordi bene te ce annavi a beve il boccalone de birra triplo malto; ma poi che domande fai? Secondo te tra 300 anni a ‘sti “Truzzi dii Trulli” sii ricorda qualcuno? E poi basta lasciarsi andare all’emotività. Basta essere mezzifroci. Basta lacrime facili. Fai quello che sai fare meglio.
E cioè?
Qual’è la cosa che sai fare meglio?
Io?
Sì, tu!
Mmmmm… vediamo… me la cavo con i passaggi filtranti no-look.
Bravo coglione. Dovresti rispondere “parlare di libri”. Hai un blog che parla di libri, no?
Sì.
Ecco. Allora: fai un’analisi fatta bene…
Ok, è solo che ‘sto libro mi è piaciuto proprio una cifra.
L’avevo capito! Però descrivilo bene, fai le cose con ordine, non ammucchiare frasi a pene di amianto.
Ma perché sei così severo con me? Chi sei tu?
Io sono il tuo spirito critico.
Ah, allora ok, fai pure.

Piccola Parentesi Ignorante – Fine


Nella raccolta di poesie ne compaiono alcune memorabili, altre troppo semplici per la mia testa, che è sempre pronta a fare l’equazione “semplice = banale”. So che non è così, ma non posso farci niente. Ho passato metà della mia vita ad incastrare rime e ho messo l’asticella della mia attenzione ad un punto medioalto, in modo che molto possa passare sotto senza rimanere incastrato nei miei neuroni.
Fatta questa premessa, anche per dover concedere qualcosa a quel cacacazzi del mio spirito critico, posso dire che il resto è poesia (Ecco, bravo! Un libro di poesie….).
E’ poesia come un pranzo in spiaggia a gennaio. Una gentilezza inaspettata. Una vecchietta acciaccata che non ha perso il sorriso. Insomma è una cosa rara, una raccolta di perle.
Una serie di momenti estemporanei ma comunque ben radicati nell’immaginario colletivo di ognuno. Essere di Roma alla fine è solo un dettaglio. Se sei di Sgurgola quello che leggi potrebbe piacerti come piace ad uno di Tor Pignattara. O magari a uno di Tor Pignattara gli fa schifo, eh, chiaro.

Per me, bravi tutti.
Goliardia, fierezza, tristezza, erotismo, malinconia, gioia.
E poi occhi lucidi varie volte.
Però io non faccio testo su questa cosa, perchè sono riuscito a commuovermi vedendo Oliver Hutton che rincontrava Tom Becker dopo tanti anni.

Cercateli sui social, sono ovunque.
E tirate fuori ‘sti dieci euro, che sono ben spesi.

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