Bye bye Babylon – Lamia Ziadé

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E’ un libro strano.
Non è una graphic novel, non è un romanzo (anche se sulla copertina c’è scritto “romanzo disegnato”), non è un racconto, non è un reportage, nemmeno un approfondimento giornalistico: non è una cippa di una beneamata minchia. Ma nonostante il suo non essere niente riesce comunque ad essere tutto.

L’illustre illustratrice Lamia Ziadè decide di raccontare i suoi ricordi di bambina nel periodo a cavallo tra il 1975 ed il 1979, momento storico in cui il Libano si trasforma da stato bello e ricco dove poter vivere felici, andare al supermercato, leggere giornali e fumetti, a terra di conquista di fazioni armate, popolazioni rivali, ribelli, guerrafondai di tutto il vicino e medio oriente. Il titolo Bye bye Babylon sembra calzare.

La struttura del libro consiste in:
1) Descrizioni più o meno lunghe e più o meno dettagliate di ricordi che collegano un evento (ad esempio La strage di Damur) alle sue conseguenze sulle vite, gli affetti, le abitudini della narratrice e della sua famiglia (va detto che la famiglia in questione è di medio-alta estrazione sociale: commercianti, prelati, politici).
2) Disegni acquerellosi e talvolta bambineschi che ritraggono i ricordi di Lamia, siano essi oggetti, luoghi, persone o avvenimenti. E come mostrano le immagini sparpagliate e poi raggruppate in questo articolo, i ricordi vanno da fucili e lanciarazzi al carrello del supermercato Spinneys, dalle caramelle che improvvisamente diventano irreperibili alle facce viste in tv dei leader locali ed internazionali, dei ribelli, dei capi religiosi. Tutto raccontato/disegnato a trent’anni di distanza, da adulta, da residente in Francia.

Un libro molto godibile anche se a tratti troppo dettagliato per chi come me non conosce la storia recente italiana e quindi figuriamoci quella libanese. Io come molti di voi conosco solo il Libanese di Romanzo Criminale, ma, al contrario di Fabri Fibra, non stavo con lui quando sotto casa gli hanno sparato.

Invece a questo Libano qui gli hanno sparato molto di più, sottocàsa e anche dentrocàsa. Di fatto è stato sventrato diventando così lo sfondo ideale dove ambientare le puntate di Ken il guerriero. Qui si sono alternate guerre civili politiche (ci hanno messo lo zampone gli israeliani, i palestinesi, i siriani, gli hezbollah, il partito falangista e la forza araba di dissuasione) e religiose (in Libano coesistono cristiani maroniti, greci ortodossi, melchiti, protestanti, arabi cristiani, copti, musulmani, sunniti, sciiti, alauiti, drusi, e me ne dimentico almeno un’altra decina).

In quel famoso 1979, ciò che accade a Teheran fa stare col fiato sospeso noi ed anche il resto del mondo; facce nuove compaiono a completare un quadro già sinistro. Sono arrivati nuovi mostri. E non è certo dalla parte di Israele che bisogna cercare i meno spaventosi. Negli anni Ottanta non ci deluderanno, raggiungeranno il loro culmine.

In quegli anni, a quello che abbiamo già sperimentato (cecchini, bombardamenti, rapimenti, stragi) si aggiungerà una nuova pratica che conoscerà un’indiscutibile diffusione: l’autobomba. Ali Hassan Salamé, il baldo giovane a capo dei servizi d’informazione dell’OLP, che Arafat considera come un figlio, sarà una delle prime vittime. Il decennio successivo sarà l’epoca d’oro delle autobombe.

Ora.
Noi stiamo di qua e ci sembra giusto dire la nostra su ogni argomento, la Libia, gli sbarchi dei profughi, i diamanti in Sierra Leone, le truppe israeliane. Ma certe cose semplicemente non le conosciamo e non le potremo mai conoscere, a meno che non cominciamo a sostituire la cultura, il senso di comunità, con l’ignoranza e l’indiviualismo.
Come? Abbiamo già cominciato?
Ah, allora va bene: tra qualche anno sapremo tutto anche noi: la conoscenza empirica d’altronde è molto importante.

Non apena arriviamo all’appartamento di Beirut, mi fiondo nello studio di mio padre e gli chiedo: “E’ vero che i palestinesi di Karantina erano delle carogne? Anzi, aspetta, che cosa sono esattamente i palestinesi?”. Lui chiude la porta alle mie spalle e mi dà una lezione di geopolitica del Vicino Oriente adatta alla mia età. La Palestina, quelle carogne degli inglesi, il Sionismo, Balfour, Gerusalemme, l’hotel King David, David Ben Gourion, lo Stato d’Israele, i profughi, quelle carogne degli israeliani, i coloni, i campi, Gamal Abdel Nasser, la Guerra dei sei giorni, Moshe Dayan, la guerra del Kippur, Hussein di Giordania, il Settembre Nero, l’OLP, quelle carogne degli americani, il terrorismo, la lotta per le armi, la debolezza del Libano, gli errori dei palestinesi, la paura dei cristiani, l’inizio della guerra… Mi sarebbe piaciuto così tanto venire a sapere che i palestinesi erano davvero i cattivi, mi pareva più semplice. Così, a sette anni, facevo il mio ingresso in un mondo complicato, fatto di contradizioni e sfumature, di cui il Libano dev’essere uno dei migliori esempi sul pianeta.

And if you don’t know, now you know.

Ciao.

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