The hate u give – Angie Thomas

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Dalla terza – per non dire seconda – ma che dico, dalla prima – riga di questo romanzo evento, di questo libro rivelazione, di questo travolgente caso editoriale si capisce che non è un libro per adulti. La scrittura piacevole ma troppo semplice del tipo andiamo lì, poi facciamo un salto là, infine torniamo qua, rende il romanzo leggibile anche ai più giovani, solitamente meno avvezzi alla lettura. Ed infatti scopro poi che il vero target del libro sono gli young adults.

Ok quindi è un libro per ragazzi, facciamocene una ragione.

Il che alla fine è un vantaggio perché il fatto che alcuni concetti come il razzismo congenito, concettuale, intrinseco, serpeggiante, militante, militare, vengano espressi per essere intesi da menti più giovani della mia, e quindi sicuramente meno esperte sull’argomento “razzismo made in USA“, fa sì che il lettore ignorante possa farsi un’idea partendo da zero, dalle esperienze di un gruppo di teenager che invece di vivere a Beverly Hills 90210 vive a Garden Heights, un ghetto inventato ma con gli stessi problemi di tutti gli altri ghetti neri d’America.

La storia è molto cinematografica. Il confronto ghetto/quartiere residenziale, i neri che vanno alla scuola per bianchi, il negozio di quartiere, le coppie miste, le Pantere Nere, le treccine, il Nae Nae, le Air Jordan, la serie The Fresh Prince of Bel-Air, lo spaccio, le gang, le sparatorie, i continui richiami a 2pac: il tatuaggio di Pac, THUG LIFE (The Hate U Give Little Infants Fucks Everybody), di fatto dà il titolo a questo libro.

Tutti questi elementi di certo non rendono la storia meno bella, o questo libro meno importante, ma consegnano un prodotto che sarebbe stato più valido anche meno smussato.

Scritto da Angie nel 2017 (in reazione all’omicidio di Oscar Grant, giovane nero ucciso dalla polizia già ammanettato) e ancora attualissimo nel 2020, come il caso George Floyd ha ampiamente dimostrato, il romanzo è appassionato e appassionante, ma purtroppo l’evoluzione della storia – anche se mai banale – rimane nei binari del cattivo che alla fine viene sconfitto perché il bene vince sempre. E sappiamo che nel ghetto (lo sappiamo perché noi ignoranti ascoltiamo il rap dal 1996) le cose non stanno proprio così.

Un buon libro, anzi un ottimo libro – considerato quanto detto sopra – che consiglierò sicuramente a mia figlia tra qualche anno, non appena uscirà dal trip dei diari della Shiappa.

Ciao.

Could’a gone to gee shit, thug nigga till I’m gone (cit. Big Pun)

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