Dove?
Napoli, un bar storico del centro storico.
Quando?
Nel 2015. Ma in realtà dal 1926.
Chi?
Il barista, la cassiera, il factotum, il professore, i clienti.
Perché?
Per colpa della Malattia, cioè del tifo.
Come?
Uno alla volta, ma tutti insieme. I clienti raccontano, il barista filtra, il professore elabora, la cassiera parla al telefono, il factotum fa tutto.
Cosa?
Un libro. Un libro che ha una struttura all’inizio un po’ macchinosa ma che poi si lascia andare alla passione, alla commozione, all’esaltazione collettiva, alla felicità nel senso più alto del termine, risultando bello e reale – nonostante il tutto sia amplificato, distorto, esagerato da ricordi a cui spesso e volentieri vengono aggiunti effetti speciali, fuochi d’artificio e triccheballacche.
Chi?
(- L’hai già chiesto “chi”…) (- Sì, ma intendo… Chi l’ha scritto?..) (- Aaaahhhh….)
Maurizio De Giovanni, famoso autore di vari libri da cui sono nate varie serie tv da cui sono nati vari personaggi da cui sono nati vari bambini senza madre: i cosiddetti Bastardi di PizzoRicciardi. Autore noto anche alle massaie di Voghera ma non al lettore ignorante che invece ne fa la conoscenza solo sulle pagine di www.tuttonapoli.net, un sito sportivo che ogni 10 minuti (ogni 10 minuti!!!) dà una notizia sulla squadra di calcio della città partenopea.
C’è altro?
Sì. Ho pensato spesso a mio padre leggendo questo libro. Perché è stato lui che mi ha portato allo Stadio San Paolo di Napoli quando avevo 10 anni. Lui ha visto i miei occhi riempirsi, e innamorarsi. Perché lui lo aveva già visto, e voleva che lo vedessi anch’io. Oh mamma mamma mamma… . Lui mi ha visto saltare di gioia e abbracciare sconosciuti che mi trattavano come una mascotte. E io che oggi, a più di trent’anni di distanza, sono rimasto un tifoso fuoriséde ancora ricordo quel giorno, e quel gol, il cross di Renica dalla sinistra, ma perché con la testa? Papà perché con la testa e non con i piedi? Il motivo non c’era, ovviamente: come nell’amore, come nella fede. Ma io ho visto Maradona. E un popolo in festa.
Conclusioni?
Grazie, Maurizio.
Quanto tempo, quante lacrime.
C’ verimm’.