Ezio Mauro scrive questo libro in modo asciutto. Asciutto nel senso di pulito. Pulito nel senso che l’autore, essendo giornalista, fa una ricostruzione molto giornalistica e poco autorale degli ultimi giorni di vita del presidente della DC Aldo Moro. Riporta i fatti – dai giorni precedenti al rapimento fino al giorno dell’uccisione – senza aggiungere commenti, senza fare ipotesi e senza gettare ombre qua e là*. Senza fare insomma come fanno quelli come me che si documentano su Internet su siti come infolibera.complotto.it oppure laverita-tifamale-loso.com oppure revisionismo/untanto/alchilo.net.
La ricostruzione che fa il direttore** si basa 1. sui documenti ufficiali conservati negli archivi di Stato, 2. sulle versioni raccontate dopo anni dai sequestratori membri delle Brigate Rosse, 3. su quanto ci lascia intendere lo stesso Moro, attraverso le numerose lettere scritte dalla prigionia, indirizzate ai membri del partito, alla famiglia, agli amici.
Dicevamo che il direttore racconta tutti i dettagli del rapimento di Moro, tutti i dettagli della prigionia e del covo che ospita la prigione, tutti i dettagli dell’agguato alla scorta e dell’omicidio finale. Racconta tutto quello che si sa, ricostruito in maniera capillare e precisa. E, senza dire una parola in più di quella che deve, riesce a dipingere un ritratto del presidente*** della Democrazia Cristiana sia politico che umano – soprattutto umano. Un uomo solo e spaventato che prova ad essere ancora un politico, prova ad essere ancora un marito/un padre/un nonno, prova ad essere ancora amico di chi gli è stato amico, e che adesso lo considera come un poveraccio fuori di senno che cerca solo di salvarsi la pelle.
Insomma in questo libro non troverete niente che non sia scalabile a documenti ufficiali e ritenuti originali. Ma anche nella sua ufficialità e totale aderenza alle fonti, si intuisce quanto Moro sia stato soprattutto una sacrificabile vittima politica. Una cosa tipo: “lei deve morire, ma niente di personale, eh…”.
Muoio, se così deciderà il mio partito, nella pienezza della mia fede cristiana e nell’amore immenso per una famiglia esemplare che io adoro e spero di vigilare dall’alto dei cieli. Proprio ieri ho letto la tenera lettera di amore di mia moglie, dei miei figli, dell’amatissimo nipotino, dell’altro che non vedrò. La pietà di chi mi recava la lettera ha escluso i contorni che dicevano la mia condanna, se non arriverà il miracolo del ritorno della D.C. a se stessa e la sua assunzione di responsabilità. Ma questo bagno di sangue non andrà bene né per Zaccagnini, né per Andreotti né per la D.C. né per il Paese. Ciascuno porterà la sua responsabilità.
Abbiamo avuto il piombo, il fango, ed ogni giorno – la dose quotidiana di merda che ci cade attorno (cit.).
Ciao.
* Ezio Mauro racconta SENZA COMMENTARE che nei rastrellamenti fatti a tappeto per trovare il luogo dove era nascosto Moro, era stato perquisito anche il palazzo che nascondeva il secondo covo dei brigatisti, quello con le armi: tutto il palazzo tranne l’appartamento dove si nascondevano i brigatisti perché quando le forze dell’ordine hanno citofonato nessuno ha risposto, e quindi non è stato perquisito. Ezio mauro racconta SENZA COMMENTARE che sul luogo dell’agguato di Via Fani era presente il veicolo di un membro dei servizi segreti. Ezio Mauro racconta SENZA COMMENTARE che nell’agguato tutti e 5 i membri della scorta vengono trucidati, anche chi era in macchina con il politico, mentre Moro viene prelevato illeso, senza una ferita. Ezio Mauro riporta tutte le lettere di Moro, SENZA COMMENTARE che il politico non accenna minimamente all’agguato o ai poliziotti che, secondo la ricostruzione, ha visto morire davanti a suoi occhi. Non un pensiero a loro o alle loro famiglie.
** Ezio Mauro dal 2016 non è più direttore de La Repubblica però – lo sanno tutti – una volta che diventi direttore lo rimani per sempre e la gente continua a chiamarti direttore anche se poi vai a vende’ il cocco in spiaggia – quanto lo fai er cocco, diretto’?..
*** Anche in questo caso, il presidente rimane presidente a vita – o a morte. Me lo immagino San Pietro (o Lucifero, fate voi…) che vede il presidente e gli fa: “Preside’, come ‘nnamo? T’ha fatto male ‘a mitraglietta?” “Oh, bella, Pie’ (oppure Luci’). Beh, dài, un po’ sì, mica è ‘na carezza… però credevo peggio. M’ha fatto più male er silenzio de quer pezzodemmèrda de Zaccagnini che in 55 giorni nun me s’è cagato de striscio…”.