Dirò poche cose ma cercherò di dirle con ordine e disciplina (e chi non vuole restare qui vada in collina). Anzi, sai che ti dico? Suddividerò il paragrafo in capitoli e li titolerò. Ed ogni titolo sarà una domanda. E quindi proverò a rispondere alla mie, alle vostre ed alle altrui curiosità, come se fosse una guida seria all’acquisto di un libro. Poi però, per buttarla un po’ in caciara, metterò anche dei pallini, così, come elemento di colore – però in bianco e nero.
Autobiografia o biografia?
- Forse il termine esatto è biografia a pennellata assistita: Saviano mette le parole, Hanuka le disegna. Data l’ambientazione, il fumettista sembra quasi ritagliarsi il ruolo di courtroom sketch artist, cioè uno di quei disegnatori che stanno defilati nella aule di tribunale ed illustrano quello che succede, passando poi le vignette ai quotidiani del giorno successivo.
Di che parla?
- Il fulcro della narrazione è il bisogno dell’autore di raccontare la sua vita, normale fino ad un certo punto, la vita di un bambino e un ragazzo qualunque; diversa all’improvviso con il successo editoriale; ed infine complicata dalle conseguenze del suo coraggio, rischiosa, difficile, almeno fino ad oggi.
- Il punto sembra essere proprio questo: fino ad oggi. Anche se Robertino po’ esse che se lo giocamo da un momento all’altro.
Bello oppure no?
- Allora: io sono un fan sia dell’israeliano rabbino sionista che del finto giornalista pagato dalla sinistra per cui mi sono approcciato all’opera pieno di fiducia. Sì, ok, bravo… ma è bello o no? Sì, è bello.
- Saviano riesce a far percepire le sue inquietudini, aiutandosi con citazioni molto colte (Robbe’, che te possino…) e Asaf crea delle tavole che solo di quando in quando rubano l’occhio (vedi questa sotto), rendendo il libro molto simile ad una persona che si racconta in un registratore. L’unica critica che mi sento di muovere all’opera è che la narrazione è un po’ frammentaria, spezzettata, frastagliata, con la foce a ed estuario ma tendente al delta, diciamo.
Ci sono le mattanze, i morti ammazzati, la cocaina? Ci stanno, chenesò, Genny e Ciro? Patrizia e Scianel? Don Vito Corleone? E Don Vito senza er leone?
- Mah qualcosina c’è. Qualche episodio di quelli che sono stati resi noti dal libro Gomorra, qualcosa di successivo, ma si dà particolare risalto a quelli che hanno impattato pesantemente sulla vita privata dell’autore, come l’attacco di Salvini, l’amore/odio dei social media, il distacco dalla famiglia, la condizione di esule, quasi di prigioniero che l’autore vive da anni, contrapposto a chi se lo immagina nel suo attico di Manhattan a scrivere storie di mafia per sentito dire, o in riva al mare a fare le telline mentre arriva l’appuntato di turno che gli passa il cellulare dicendogli: mi scusi ma urge la sua opinione. Fazio chiede che lei si esprima su questi temi, signor Saviano.
In conclusione? In sostanza? In sintesi?
- In conclusione, ma anche in sostanza e soprattutto in sintesi, un bel viaggio che aiuta a comprendere cosa sia diventata la vita di Saviano, di fatto una non-vita, tra caserme, stanze di hotel ed abitazioni asettiche.
- La mancanza del concetto di “casa”. E non mancanza nel senso di nostalgia, mancanza nel senso che – almeno per il momento – lui una casa non ce l’avrà mai.
E quindi, ne consigli l’acquisto?
- Beh, direi di sì. Poi, boh, i soldi so’ soldi, secondo me in generale i libri costano troppo, ma questo discorso si applica a tutti i libri, non solo a questo, volevo solo atteggiarmi a fare quello che sa le cose ma non vuole dirle.
- Insomma fate come cazzo vi pare, compratelo, non compratelo. Oppure scrivete a Saviano e chiedetegli: Aò ma perché il tuo libro ha un prezzo così? Dopo tutti i soldi che ci costi, visto che la tua scorta la paghiamo con i soldi delle nostre tasse… Dimostra che non sei un radical chic, allora. Travestiti da postino e porta il tuo libro in tutte le case. Gratis! O al massimo offerta libera. Chenesò, il libro di Cannavacciuolo con le ricette dei paccheri va bene, oppure il libro di Dj Francesco che racconta di McGregor, quelli sì che sono soldi spesi bene… Ma di te che cazzo ci frega che ti sei inventato la camorra perché ti annoiavi?
- Ecco, sicuramente a lui farebbe piacere ricevere commenti del genere, conoscendolo*.
Saluti finali
- Ciao, fate i bravi (ma non come i Bravi che vanno a fare i camorristi e a spaventare il povero Don Abbondio, eh…)
* Tempo fa, non mi ricordo quando, ma comunque dopo l’uscita del suo libro, quindi diciamo 2008, gli scrissi un messaggio su MySpace (voo ricordate MySpace?) piattaforma ai tempi molto comune, soprattutto per chi come me provava a farsi conoscere per la propria musica. Su quel social gli scrissi un messaggio di ringraziamento per quello che aveva fatto, per quanto aveva scritto, e lui mi rispose in una maniera che già all’epoca trasudava la consapevolezza che forse aveva fatto una cazzata. Il messaggio diceva, più o meno, che si stupiva dei risultati ottenuti dal libro; che all’estero l’ultimo autore italiano che aveva venduto di più, prima di lui, era Calvino; che stava in caserma, in mezzo alla puzza di calzini sporchi. E poi diceva che non sapeva se ne valeva la pena, fare quello che aveva fatto. Chissà cosa ne penserà adesso.